L’altra Firenze
Se Firenze ha un’anima, dopo l’invasione del turismo di massa e l’affollamento delle auto che riempiono le strade, forse la si trova nel vecchio mercato di S. Lorenzo. San Lorenzo è un quartiere “nobile” delimitato da una parte dalla trafficata Via Nazionale, ma dall’altro lato è la Basilica del santo a dettare il confine e dall’altro ancora il palazzo della Famiglia Medici, che scelsero questa parte della città per viverci in vita e dopo la morte. Prima di giungere al cuore del mercato entriamo in una sorta di girone infernale, fatto di banchi che si incontrano e quasi si sovrastano, coperti di merce, per un turista affrettato che in tre giorni magari deve visitare tutta l’Italia destreggiandosi fra vetri di Murano, maschere veneziane, sciarpe in seta, tra i cappelli in paglia di Firenze e le figurine dei presepi napoletani. I banchi creano un contrasto netto con le cupole delle chiese e le colonne dei palazzi delle vie circostanti, ma questo non deve preoccuparci perché è una visita diversa che ci viene offerta da questa città, che tutti al mondo vogliono, almeno una volta, vedere. Non tutte le guide ti fanno conoscere questo mercato e ci si capita quasi per caso, uscendo dalle Cappelle Medicee o dalla Biblioteca Laurenziana, che è qui a due passi.
È solo dopo essersi districati in questa “bolgia dantesca” di persone che cercano un varco per passare in quell’accozzaglia di cose, che notiamo l’edificio del mercato vero e proprio. È una struttura in pietra, ferro e vetro quella che l’architetto Lingoni costruì nel 1874 in concomitanza dell’inaugurazione della Mostra Internazionale dei fiori. Successivamente, l’allora avveniristico edificio, diventò la sede per tutti quegli esercizi commerciali che il Poggi, l’urbanista delle ristrutturazioni di Firenze capitale, aveva fatto sloggiare dai “Camaldoli”, quelle viuzze buie ed insalubri che riempivano il centro dove ora si trova la Piazza della Repubblica. Entrando all’interno, la prima impressione è un po’ quella di un souk arabo strabordante di merci e parole. L’attenzione viene catturata dai “brigidini”, dolcetti toscani tipici della vicina Lamporecchio. Fra banchi di trippa, prosciutti e formaggi, pesci, dolci, frutta e scatolame emerge una figura comunque piccolina che per puro caso diventa il nostro Virgilio. Ivana Cenci, è una fiorentina vera, che vive da sempre nel quartiere. Ci sommerge subito di parole con la voglia di guidarci e farci conoscere al meglio quel luogo che è la sua vita. Ci racconta le difficoltà del mercato che al momento vive a metà, essendo in ristrutturazione il primo piano che una volta alloggiava i fruttivendoli e che adesso sono fuori in un tendone. “Siamo in guerra con il Sindaco”, ci dice, “che si preoccupa più di picconare l’ex convento di Sant’Orsola per trovare la tomba della Gherardini, più conosciuta come Monna Lisa, che fra le altre cose per togliersi dai coglioni si era pure fatta monaca. Altro che occuparsi del mercato che deve trovare una soluzione e velocemente”.
Questa sua critica però non intacca il fascino del mercato. Ivana, infatti ci porta a conoscere gli storici negozianti e da loro emerge una storia che dona ulteriore vita a questo luogo. Lei li conosce tutti, fin da quando correva fra i banchi con un vestitino corto e enormi fiocchi bianchi nei capelli. E così incontriamo “la Valentina” che vende la trippa in un bancone fra i più belli, “il Marconcini” qui da più di 50 anni a vendere il vino, “il Trevisan” da 70 anni qui a vendere carni, “il Pierini”che vende alimentari, al mercato da non si sa quanto tempo, e il famoso “Nerbone”, la trattoria del mercato, che ha i fornelli accesi dal 1870. Ivana ci racconta della differenza fra i commercianti, che sono quelli di una volta che lavorano con integrità e correttezza e i “bottegai” che sono per i turisti e loro sono li “a fare ciccia”. Fra i commercianti quindi incontriamo Paolo, macellaio, che ci parla di come il mercato cambia perché il mercato dei fiorentini si sta aprendo agli stranieri che fanno i lavori più umili incalzato da Alessandro, la cui ortofrutta è presente al mercato dal 1926, che ci conferma che i giovani non vogliono fare più questi lavori perché “voglion fare tutti i dottori…..ma quanti malati ci devono essere in futuro!?” Intanto un cliente indiano si avvicina e d’improvviso Alessandro cambia tono e lo saluta amichevolmente: “Willie, mi chiamo Willie signori, e vengo da lontano!”
Ivana, mentre ci spostiamo da un banco all’altro, ci racconta di quando da piccolina, ancora con i suoi enormi fiocchi nei capelli, veniva menata da Don Armando, prete in San Lorenzo, dopo che aveva preso a sassate i vetri delle finestre della chiesa. Cerchiamo di immaginarci la scena e San Lorenzo si tinge di un color seppia, da vecchia fotografia.
Ivana ci fa conoscere Luciano, un altro storico negoziante, che qui chiamano “il presidente”. Non sappiamo se sia veramente il presidente di qualche cosa ma il suo attaccamento a questo mercato è veramente forte, fino alla commozione. Suo nonno era già qui quando i fascisti gli tolsero per ben due volte la licenza perché non voleva la tessera del fascio. “Il mercato è cambiato perché sono cambiati i fiorentini”, ci dice, “ed il vero negoziante si adegua ai nuovi acquirenti. Se una volta c’erano fino a 250 banchi adesso non si arriva ad un centinaio”.
Il mercato centrale ha servito tutta Firenze per tanti anni, quando ancora non c’erano i supermercati ed in centro si arrivava senza problemi. Ed i negozianti è questo che vogliono continuare a fare, rispettare la tradizione, accontentare i loro clienti e non essere personaggi di un museo per turisti. San Lorenzo deve ritornare ad essere il luogo dove la gente si incontra. Qui capitavano gli accademici della Crusca, il rettore dell’Università e il “Pacini” dell’Istituto Seminiano e mentre compravano trippa e lampredotto, parlavano di storia e filosofia con gli acquirenti e i negozianti e da quest’incontro nasceva la vera cultura. Quella cultura non solo accademica ma anche popolare perché qui si veniva anche per raccontare le proprie storie e le storie di tutti: per aggiornare e rimanere aggiornati.
Marasco in una delle sue canzoni parla della Beatrice che faceva la spesa al mercato di via dell’Ariento.
E la figura di Beatrice, quella di Dante certo, ci riporta alla nostra Ivana che rivendica da questa, una discendenza. Nel lasciare il mercato verso via Sant’Antonino ci racconta ancora di lei e dei sui grossi fiocchi bianchi inviata di corsa dal padre a comprare per 10 lire 5 sigarette di numero. Nel suo ritorno al presente ci saluta con una amara conclusione: “se i grandi di un tempo vedessero la Firenze di oggi cancellerebbero tutto quello che hanno fatto”. Forse ha ragione ma noi al Mercato Centrale abbiamo trovato le storie di una Firenze vera, di un luogo che è stato il cuore pulsante di questa città e vuole continuare ad esserlo. Ciò che auguriamo a tutti quelli che verranno qui è di trovare una Ivana che aiuti a comprendere ancora di più l’anima di magia e storia di quest’altra Firenze.
In collaborazione con Life Beyond Tourism® Photoblog